venerdì 16 gennaio 2009

La notte più chiara

Luglio, il 25.
E' una notte stellata.
Era stata la solita giornata funesta, col fiato sul collo come accadeva ormai da venti lughi anni:
scrivere parole senza senso, senza ideali, discorsi sotto vuoto.
Guido era lì, con quella tessera infame, ma unica chiave per coltivare una passione.

Che cos'è però una passione se irregimentata dagli altri,
che cos'è una cronaca se te la detta qualcun'altro,
che cosa sei tu se lavori su un mezzo di libertà a cui la libertà è stata tolta. Niente.
Forse per il resto della tua vita sentirai solo una profonda colpa:
aver preferito una passione svuotata del suo succo al seguire un'ideale al costo della vita o della prigione. Informazione indipendente, qualcuna la chiama così, un puro disinteressato servizio al lettore, ma qui nessuno l'ha mai vista.

Guido anche quella notte pensava a quelle cose in attesa delle ultime dall'agenzia.
Poi quell'annuncio:" Il re ha accettato le dimissioni del primo ministro e segretario di stato...".
"E' caduto..è caduto!" ripeteva a voce bassa e sorriso incredulo Paolo, quello della nera, la poca che circolava. Guido si guardò attorno e vide sguardi perplessi, persi in chissà quali pensieri, e poi..e poi tutti si svegliarono e iniziarono a sollevarsi da terra come in assenza di gravità, svuotati di un peso che li aveva piegati per anni. Pochi gli sguardi rimasti bassi, quelli volontariamente allineati a quel peso. Furono i 10 minuti più strani della sua vita, Guido era colto da afasia, l'unica reazione fu quella di stringere forte le estremità della sedia su cui sedeva. Poi la sensazione di stare per piangere, e l'istantanea volontà di trattenere l'emozione ed irrigidire il volto per non far uscire alcuna lacrima.
Era successo. Sì, diavolo, era successo. Entrò il capo, che di non schierati ne aveva salvati tanti, e disse:" Signori, ci aspetta una lunga notte, iniziamo a darci da fare". Iniziò una notte frenetica, Guido sentiva che la città era sveglia mentre in redazione si lavorava con entusiasmo.
La guerra, sì, quella continuava, ma da quel giorno tutto sarebbe comunque cambiato, quegli uomini, che ormai avevano quasi perso il contatto col mestiere, con la loro passione, ora potevano tornare a credere in qualcosa, senza troppi idealismi, ma con tanta volontà nell'aquistare "un ritrovato amore alla nostra libera fatica".
Guido quella notte, dopo la chiusura, si fermò a guardare le stelle e pianse lacrime di felicità, per una libertà che era tornata improvvisa e che lui ed i suoi compagni avrebbe dovuto utilizzare per donarla a tutti gli altri..come prometeo col fuoco. Il supereroe non è colui che vola e salva la gente con la sua forza inarrestabile ma colui che combatte con le sue limitate forze, sostenendo le pressioni giorno per giorno, consepovevole che a questa sua resistenza, questa sua volontà, rara oggi come ieri, corrisponde una grande responsabilità che egli si assume verso gli altri.
Ne era cosciente, Guido, di quello che poteva fare e che doveva fare, ora che le catene erano sciolte. Ora gli spari, gli incendi, le minacce non lo intimorivano più. "Mi sparino pure" disse tra sè e sè il giovane redattore "potrei anche morire ma il sapore di vita che provo ora, e che proverò nei prossimi giorni nello scrivere la verità non me lo toglierà mai più nessuno".

Una notte d'estate del 1943.

Ora le parole alla storia:

"A me piace il prossimo che discute: mi sembra acqua che scorra. Il limaccio che trascina alla sorgente si deposita via via nel fondo, finchè l'acqua è chiara. Abolire la discussione è come lasciare il liquido immobile in un bicchiere: marcisce e avvelena chi lo beve. Quanto liquido marcio ha bevuto in vent'anni l'Italia? Se non è morta, è un miracolo".
(Dall'altra sera alle undici, quello che dice la gente, Corriere della Sera, 27/07/1943).